Intervista di lapressa.it all’Avv. Guido Sola.
Lo stato di diritto è il concetto che, a ben guardare, meglio riflette, dal punto di vista umano, l’unica giustizia che abbiamo, qui, sulla terra.
Delitto, prevenzione e punizione. Se ne ragionava anche recentemente in occasione d’un’apparizione televisiva nell’ambito della quale si considerava circa il tema dell’anno – Le verità della giustizia penale – dell’imminente sesta edizione di Festival della giustizia penale, che andrà in scena, da giovedì 15 maggio a domenica 18 maggio, a Modena, Carpi, Sassuolo, Mirandola, Formigine e Pavullo. A conti fatti, nel 2019, il Festival nasceva anche e soprattutto per questo. Anche e soprattutto per spiegare alla cittadinanza – e, dunque, a chi non è giurista – che la giustizia penale è cosa complessa, che non sempre si presenta come lineare e che spesso, anzi, non si lascia facilmente penetrare nelle proprie (il)logiche. Certamente c’è, però, che, nel momento stesso in cui, ragionando di giustizia penale, ci si trova a ragionare di punizione, il sistema, complessivamente considerato, ha già fallito.
Perché il principale compito del sistema, se correttamente inteso, dovrebbe sempre essere quello di prevenire, con ciò scongiurando il rischio che vengano commessi delitti e che, per questa sola ragione, vi siano vittime alle quali attestare, purtroppo solo a posteriori, la propria solidarietà.
L’opinione pubblica, giustamente, non è avvezza a ragionare in questi termini perché, comprensibilmente spaventata dal delitto, soprattutto di fronte a gravissimi episodi di cronaca, tende a reagire istintivamente, invocando a gran voce pene esemplari.
Ma, a parte il fatto che le pene esemplari non esistono – le pene sono solo quelle codicisticamente previste – e che, anche ove esistenti, non arginerebbero comunque il crimine – ove è legislativamente prevista la pena di morte, ad esempio, si delinque comunque e certamente non si delinque meno -, il punto è – ripeto – che le stesse non riportano indietro le lancette dell’orologio e che, nel momento in cui ci si trova a ragionare di punizione, per questo solo, ci si trova a ragionare d’un delitto commesso, con conseguente fallimento del sistema. E’ chiaro, però, che prevenire non può significare solo minacciare re-azioni – e, dunque, sanzioni -, ma deve significare anche e soprattutto lavorare tutti – istituzioni, scuola, parrocchie, etc. – pancia a terra sul background, in primis socio-culturale, che induce il delinquente a delinquere.
Ragionare in questi termini, ovviamente, non significa comprendere come sinonimo di giustificare – non significa essere buonisti, insomma -, ma significa semplicemente mettere a fuoco, in chiave crimino-genetica, le cause della devianza per iniziare a lavorare davvero sul piano della prevenzione. Per quanto possa essere umanamente difficilissimo, insomma, dobbiamo tutti – opinione pubblica compresa – iniziare davvero a ragionare in questi termini se vogliamo davvero tentare di scongiurare, per il futuro, il rischio sistemico che gravissimi episodi di cronaca si possano ripetere. In questo – io credo -, un’importantissima mano dovrebbe essere data in primis dalla politica e dall’informazione, potendo e dovendo le stesse aiutare l’opinione pubblica a riflettere, a sistematizzare e, soprattutto, a ragionare in modo costruttivo, contribuendo con ciò a maturare in tutti noi la consapevolezza che non ci possiamo accontentare di punire a posteriori, ma che dobbiamo fare tutto quanto è in nostro potere fare per prevenire a propri. A conti fatti – e come si diceva poc’anzi -, il Festival è nato – ed esiste – anche e soprattutto per questo. Per ragionare, unitamente a tutti i cittadini, sul valore, profondo, della legalità e sull’importanza, assoluta, del fatto di non rinunciare – di non abdicare? – mai alla stessa. Soprattutto davanti a gravissimi episodi di cronaca che comprensibilmente, se, per un verso, producono sconforto anche a livello individuale, per l’altro verso, generano paura a livello sociale. La strada – l’unica strada percorribile soprattutto in questi casi – è davvero quella della civiltà. Di pensiero e di azione. Quella civiltà di comportamenti, insomma, frutto di millenni di riflessione giuridica, che esiste anche grazie all’attenta rivisitazione filosofica del concetto di odio e, conseguentemente, di vendetta e che è posta alla base dello stato di diritto. La strada, in altre parole, è – e deve essere davvero – quella dello stato di diritto. Che è concetto certamente imperfetto. Ma che è anche il concetto che, a ben guardare, meglio riflette, dal punto di vista umano, l’unica giustizia che abbiamo, qui, sulla terra.
Avv. Guido Sola